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  • Immagine del redattoreSilvia Cerri

Il cotone



La scoperta del cotone risale circa a 7000 anni fa, quando in Perù vennero ritrovate le prime testimonianze. Si pensa che i primi ad utilizzarlo furono gli Aztechi.

Arrivò in Europa per la prima volta solo dopo l'anno Mille, grazie ai Saraceni che lo portarono in Sicilia.

Ci vollero però almeno tre anni per far sí che si diffondesse, in quanto inizialmente fu percepito come una fibra pregiata al pari della seta e di lavorazione complicata rispetto alla più comune lana.


Sappiamo che il cotone è una fibra tessile di origine vegetale: si ottiene dalla bambagia che avvolge i semi contenuti nella capsula di varie specie di Gossypium della famiglia delle Malvacee.

Tra le varietà più coltivate distinguiamo:

· Gossypium herbaceum, coltivato in Oriente.

· Gossypium babadense, coltivato negli USA;

· Gossypium indicum, coltivato in India.


La coltivazione necessita di un clima caldo, media umidità e terreni molto mossi.

La pianta è annuale e presenta foglie verdi a più lobi. Una pianta normale produce circa 1.2 Kg di cotone.


Ma dal punto di vista chimico, che cos’è il cotone?

La fibra di cotone è costituita per il 95% da cellulosa, il restante 5% è impurezza dovuta alla coltivazione.

La cellulosa è un polimero del β-glucosio con legame glicosidico 1-4.

Le molecole sono lineari e si dispongono parallelamente tra loro, unite da legami a idrogeno.

Il cotone puro è stabile fino a 100°C ed è molto resistente ai più comuni solventi.


Cosa si sa della produzione?

A questo aspetto è legata la storia della schiavitù in America, infatti la storia ci insegna che tra il 1501 e il 1888 il numero di schiavi neri sbarcati negli Stati Uniti è circa 9475000.


Numeri allarmati, seppur per motivi completamente diversi, sono riportati oggi quando si parla di coltivazione del cotone.


Se ci si riferisce a una coltivazione a monocoltura, si sta purtroppo descrivendo un procedimento ad altissimo impatto ambientale.

La monocoltura prevede lo sfruttamento del suolo agrario per la coltivazione di una sola specie o varietà di piante, per piú anni, sfruttando fertilizzanti e pesticidi chimici che distruggono la biodiversità del terreno, acidificandolo, con conseguente aumento del quantitativo di acqua necessario per irrigare le piante.

Secondo lo studio "Quant'acqua sfruttiamo", condotto dal SERI – Sustainable Europe Research Institute per Amici della Terra-Friends of the Earth Europe una sola t-shirt consuma, lungo tutto il suo processo di produzione, ben 2700 litri d'acqua.

Partendo dal cotone, dalla raccolta nei campi alla lavorazione, che comprende processi delicati come la cardatura, la filatura, la tessitura e il candeggio, la quantità media d’acqua che occorre per ottenere 1 kg di tessuto finale è pari a 11.000 litri d’acqua.

Il nostro pianeta non può assolutamente permettersi tale impiego, mi verrebbe da scrivere spreco, d'acqua.

Questo è ciò che accade per la coltivazione del cotone “comune”.



Lo scenario cambia in maniera sostanziale riferendosi invece al cotone organico (biologico). Si parte in questo caso da un metodo di coltivazione a rotazione, quindi non più a monocoltura.

Tale metodo non prevede l'utilizzo di fertilizzanti e pesticidi chimici, bensì predilige erbe medicinali oppure agricoltura biodinamica, così che la coltivazione non sia dannosa per l'ambiente.

Uno studio del Pe International “Life cycle assessment” ha dimostrato che la coltivazione di cotone biologico taglia il 46% delle emissioni di gas che alterano il clima, riduce l'uso di acqua del 91%, l'energia primaria del 62% e del 70% le emissioni responsabili di acidificazione del terreno.


Ma come si distingue il cotone comune dal cotone biologico?

Chiaramente il controllo qualità è ad opera di organi terzi che alla scritta 100% Cotone assegnano una sigla che può essere “GOTS” oppure “OCS”.


È possibile passare da una coltivazione Monocoltura ad una Biologica?

Certo, ma per avere tale riconoscimento devono passare almeno 3 anni continui di coltivazione biologica.


In Europa la normativa che regola la produzione di cotone biologico è il regolamento CE n. 834/2007 del 28 Giugno del 2007.


Sapendo come si produce il cotone, resta da chiedersi come si affronta lo smaltimento e quindi come viene riciclato.

Escluso tutto il processo del controllo qualità per la rimessa in commercio di indumenti o materiale di tappezzeria ben conservati, tutto il materiale di scarto viene sfilacciato e dal cotone di alta qualità se ne ricava uno a qualità più bassa.

Ad esempio in Francia, dal recupero delle fibre di cotone sfilacciato , si è creato un materiale isolante ecologico.

La fabbrica Métisse, in Francia, è unica al mondo, e partendo da materiali come Jeans, Il cotone sfilacciato viene trasformato in pannelli efficaci quanto la lana di vetro e venduti in ipermercati dedicati al “fai da te”.

Si produce, si consuma, ma la materia torna ad essere materia.

Questa è la base dell'economia circolare, per un mondo e una società eco-sostenibile!



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