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Giulio Castelli, l’anima imprenditoriale della plastica di design


Giulio Castelli ritratto da Maria Mulas nello stand Kartell (1991)
Giulio Castelli ritratto da Maria Mulas nello stand Kartell (1991)

Il nuovissimo ADI Design Museum di Milano, nato per celebrare l’Associazione per il Design Industriale, che ha dato vita allo storico premio Compasso d’Oro, e la sua meravigliosa collezione di oggetti di design, rende omaggio a Giulio Castelli, fondatore nel 1949 di Kartell (oltre che dell’ADI stessa, insieme ad altri protagonisti della storia del progetto made in Italy), con la mostra monografica “La cultura imprenditoriale del sistema design”. Rivoluzionario pur essendo un ingegnere – chimico, allievo del premio Nobel Giulio Natta –, moderno nel senso più profondo e innovativo del termine, Castelli ha introdotto l’utilizzo delle materie plastiche nell’arredamento, contribuendo inoltre dagli anni Cinquanta in poi alla nascita del sistema progetto italiano. E soprattutto dando riconoscibilità a una professione, allora ancora inesistente nell’immaginario comune, come quella del designer. È infatti grazie anche a lui e alla moglie Anna Castelli Ferrieri, con cui il sodalizio creativo e professionale durerà una vita intera, che molti architetti iniziano a cimentarsi su progetti a piccola scala: Gae Aulenti, i fratelli Castiglioni, Joe Colombo, Ignazio Gardella…

ADI Museum, Giulio Castelli - La cultura imprenditoriale del sistema design (foto Martina Bonetti)
ADI Design Museum, Giulio Castelli - La cultura imprenditoriale del sistema design (foto Martina Bonetti)

Tutti noi abbiamo avuto in casa o ancora possediamo almeno un oggetto storico Kartell, a partire dal secchio tondo con coperchio di polietilene disegnato da Gino Colombini nel 1954 e vincitore di un Compasso d’Oro, passando per il portaombrelli sempre di Colombini, la seggiolina smontabile e impilabile per bambini di Marco Zanuso e Richard Sapper del 1964, anch’essa Compasso d’Oro. Fino agli iconici Componibili (datati 1969 e ancora oggi bestseller dell’azienda) di Anna Castelli Ferrieri. Era il design democratico di quegli anni, in cui forma e funzione trovavano la loro migliore espressione per dare vita a quella che lui stesso definiva “la cultura della plastica”.

ADI Museum, Giulio Castelli - La cultura imprenditoriale del sistema design (foto Martina Bonetti)
ADI Design Museum, Giulio Castelli - La cultura imprenditoriale del sistema design (foto Martina Bonetti)

“Mio nonno è stato un visionario”, commenta la nipote Lorenza Luti, oggi direttore marketing dell’azienda di famiglia, “con uno spirito pionieristico che l’ha portato a realizzare qualcosa di completamente inedito per la sua epoca.” Uomo costantemente rivolto al futuro – lo dimostra la sua partecipazione alla mostra “Italy: The New Domestic Landscape” del 1972 al Metropolitan Museum of Modern Art di New York, con tre moduli abitativi di Ettore Sottsass, Marco Zanuso, Gae Aulenti – Castelli produceva “oggetti che avessero caratteristiche innovative, intese come applicazione di nuove tecnologie produttive, rivolte all’economia del materiale e all’efficienza del processo”. Tematiche, come anche quelle della qualità, della durata nel tempo, della trasversalità di utilizzo, che sono tuttora attuali nel dna dell’azienda, nata più di settant’anni fa e oggi, rilevata a fine anni Ottanta dal genero Claudio Luti, riconosciuta internazionalmente.

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