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  • Marcella Gollini

“The Iron Buttefly”: la donna che disse no a Elvis

Nostra signora del country Mrs. Dolly Rebecca Parton nasce il 19 gennaio di qualche anno fa (ormai sono 75, incredibile ma vero!) a Sevierville, in Tennessee, quarta di 12 fratelli di una modesta e religiosa famiglia.


Viene incoraggiata fin da piccola nelle sue aspirazioni artistiche: inizia cantando in chiesa, e a 10 anni vanta già un curriculum di partecipazioni in programmi radiofonici e televisivi locali.

Il vero successo arriva però nel 1974 con Jolene, che raggiunge la prima posizione nelle classifiche di mezzo mondo.

Nello stesso anno pubblica un altro dei suoi brani più celebri, I Will Always Love You. Addirittura Elvis Presley si dichiara interessato a registrarne una cover ma, dovendo accettare la clausola di dividerne a metà i diritti, la nostra eroina rischia e si rifiuta. Questo le varrà poi molti milioni di dollari di royalties (specialmente in seguito alla pubblicazione della reinterpretazione di Whitney Houston nel 1992), e l'appellativo nello show business di "Iron Butterfly".

La sua è una carriera eclettica e molto prolifica: musicista e songwriter, conduttrice Tv e attrice per il cinema (personalmente la trovo favolosa nel ruolo della saggia proprietaria del salone di bellezza in Steel magnolias - Fiori d'acciaio - del 1989), imprenditrice e filantropa: una vera self-made woman che si è fatta strada in un mondo di uomini dagli anni ’60 fino ad oggi (l’ultimo album di canzoni natalizie è uscito a ottobre 2020).

Ma che dire del suo stile, country ma sensuale, inconfondibile e campy, sopra le righe e al limite del kitsch?

La Dolly bambina sogna le luci della ribalta, e rimane irrimediabilmente affascinata dalle mise succinte della “trollop” (letteralmente “donnaccia”) della sua città: vaporosi capelli platino, occhi truccatissimi, unghie laccate e vestiti fascianti e scollati di paillettes. A chi le obbietta quanto questo sia di cattivo gusto, lei controbatte dicendo che da piccola non c’era nulla che la facesse sognare di più.

Formosa di natura, dove non arriva il DNA ci pensa la plastica: non fa mistero di aver ricorso varie volte a interventi chirurgici, forse per continuare a essere all’altezza della sua musa, “the painted lady”.

Icona gay da più di cinquant’anni, il suo look appariscente deve molto, per sua stessa

ammissione, al mondo delle drag queen: racconta infatti che, durante una competizione, decise di esasperare il trucco, cotonare i capelli e mettersi in gioco a testa alta. Il pubblico credette di avere davanti solo un ragazzino un po’ più basso degli altri concorrenti, e lei rubò la scena a tutte le queen in gara.

Cosa che tuttora le riesce splendidamente.




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