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Arne and the Ant™

Arne Jacobsen, architetto che per oltre metà del Novecento ha dato l’imprinting agli interni danesi, era un botanico mancato, amante della natura. Lo rivelano i nomi delle sue sedute più famose: Little Giraffe™, Swan™, Ant™, Egg™, Drop™, Lily™… Un mix tra bestiario ed erbario ancora oggi in produzione con molto successo, in cui la sedia modello 3100 – da subito soprannominata the Ant™ per la sagoma dello schienale, simile alla testa di una formica – è forse la protagonista.

Icona del design scandinavo, disegnata nel 1952 per la mensa aziendale della fabbrica farmaceutica Novo Nordisk, per cui il proprietario voleva sedute comode, leggere, impilabili, la Ant™ si distingue per l’essenzialità materica, oltre che formale. Solo due infatti sono le componenti del progetto: una scocca sagomata, ottenuta da multistrato a nove fogli impiallacciato, tranciato e stampato a pressione, e una struttura portante di tre esili gambe metalliche. Solo tre (poi diventate in realtà anche quattro) perché ispirate ai tradizionali sgabelli danesi da fattoria, nati per restare stabili anche su pavimentazioni irregolari.
Tra le sedie di design più copiate e riprodotte – forse per questo e per la produzione continuativa i modelli vintage originali non raggiungono valori particolarmente elevati – the Ant™ deriva da una ricerca sulle tecniche innovative e sui nuovi materiali del tempo condivisa da diversi colleghi coetanei di Jacobsen al lavoro nel nord Europa. E si trasforma nel suo caso in un esperimento di successo per la nascita, tre anni dopo, della famiglia di sedute Series 7™, simile dal punto di vista costruttivo e altrettanto riconosciuta.

Zoomorfa, pratica, poco ingombrante, estremamente contemporanea – settant’anni fa al pari di oggi – la Formica continua ad occupare da protagonista la scena di riviste patinate e siti di arredamento, vivendo anche dopo la scomparsa del suo creatore una vita propria. Proprio come quella Arne sospettava avessero i suoi oggetti, al pari di insetti, fiori, animali: motivo per cui spesso chiedeva ai suoi studenti come si fossero “comportate le cose quel giorno”…